Marco Pinotti ci porta in sella con lui, sui pedali nella salita dello Stelvio, sotto la pioggia sulle cótes della Liegi-Bastogne-Liegi, a perdicollo lungo le strade bianche toscane, in perfetto assetto da cronoman per sfidare il decimo di secondo, nell'atmosfera rarefatta del Villaggio Olimpico o lungo le strade bergamasche, mete dei suoi allenamenti "casalinghi". Ci racconta il mondo del ciclismo dall'interno, dalla pancia del gruppo.
Ne esce la descrizione di un universo multicolore, una sorta di circo itinerante che si sposta in vari luoghi del mondo - dal Qatar a Maiorca, dalla Malesia alla California, dalle Fiandre all'Australia - con uno stuolo di addetti ai lavori: dai direttori sportivi ai meccanici, dagli organizzatori ai giornalisti agli sponsor ai massaggiatori...
Uscendo da questa sorta di internazionale viaggiante il ciclista prova tutta la fatica di uno sport individuale e collettivo al contempo dove le cadute sono messe a contratto, il cibo è carburante e spauracchio, la precarietà è garantita, il doping è una tentazione da evitare e a ogni colpo di pedale si accende la passione per una disciplina popolare, vicina alla gente, ancora ad altezza uomo.
Marco Pinotti takes us on the saddle with him, on the pedals on the Stelvio climb, in the rain on the cótes of the Liège-Bastogne-Liège, at breakneck speed along the Tuscan dirt roads, in perfect time trial gear to challenge the tenth of a second, in the rarefied atmosphere of the Olympic Village or along the Bergamo roads, destinations of his "home" training.
He tells us about the world of cycling from the inside, from the belly of the group. The result is a description of a multi-coloured universe, a sort of travelling circus that moves to various places in the world - from Qatar to Mallorca, from Malaysia to California, from Flanders to Australia - with a host of insiders: from sports directors to mechanics, from organisers to journalists to sponsors to masseurs...
Coming out of this sort of travelling international, the cyclist experiences all the fatigue of an individual and collective sport at the same time where falls are contracted, food is fuel and a scarecrow, precariousness is guaranteed, doping is a temptation to be avoided and with every pedal stroke the passion for a popular discipline, close to the people, still at human height, is ignited.
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