La fantasia irrefrenabile e la grande abilità narrativa di Riccardo Pazzaglia, scrittore satirico, non potevano non essere tentate dal gioco della sconsacrazione del romanzo poliziesco. L’umorista "anglo-partenopeo", come viene a volte definito non per le sue discendenze britanniche ma per lo stile del suo humour, per dare un nome ai propri personaggi li prende dalla storia e dalla letteratura inglese, ma usa anche nomi del giallo classico che ci sono familiari da sempre.
Ne Il cadavere in bicicletta (e altri divertenti delitti) Pazzaglia si beffa delle convenzioni narrative: gli indizi materiali, le false supposizioni, il ribaltamento delle aspettative. Il colpevole non cade mai in trappola ma resta sconosciuto, l’intreccio non si scioglie, ma alla fine di ogni racconto l’autore manifesta il dubbio che il lettore, messo a così dura prova, possa rintracciarlo e vendicarsi, uccidendolo.
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