Sa raccontare la sua storia solo se la ripensa in sella a una bicicletta.
Tutto ha inizio a sette anni, con le rotelline agganciate alle ruote e un fidanzato di sua madre che le insegna ad andare in bicicletta e poi la porta a fare una prima colazione a base di carne di montone alla brace.
Prima di iscriversi all’università rompe il salvadanaio per comprarsi una bici da montagna. Era un modello eccessivamente grande per lei, ma Eli usa quelle due ruote per andare ovunque, nella sua frenetica quotidianità di adolescente. Le affiora il ricordo di sé a 21 anni, mentre pedala insieme al signor Joaquín, il meccanico del quartiere, verso Iztapalapa, una delle zone più povere e violente della città; zigzaga tra le viuzze del Cerro de la Estrella in cerca di un uomo, un artigiano brontolone che le insegnerà i fondamentali per diventare la figura professionale che è oggi, un profilo unico, in Messico: una donna che costruisce biciclette.
L’officina Básica Studios è stretta, ma dentro ci lavorano in otto. Saldano, tagliano tubi, fissano pedivelle, montano ruote e guarnizioni metalliche, verniciano, riparano. Con pazienza e precisione, trasformano un’accozzaglia di pezzi di metallo in biciclette personalizzate. È uno dei pochi luoghi del Messico in cui questo processo si realizza ancora a mano.
Ossessionata dal timore che il mestiere scompaia, Eli ha deciso, quattro mesi fa, di assumere due apprendiste. Elaine Lacy e Jimena Palomino sono due ingegnere trentenni, e incarnano la punta di diamante del nuovo sogno di Eli Acosta: formare un’équipe di donne che costruiscono biciclette.
It is one of the few places in Mexico where this process is still done by hand.
Nessun commento:
Posta un commento