bicicletta è quello stesso della
libertà, forse meglio di una liberazione andarsene ovunque, ad
ogni
momento, arrestandosi alla prima velleità di un capriccio, senza
preoccupazioni come per un cavallo, senza servitù come in treno.
La bicicletta siamo ancora noi , che vinciamo lo spazio e il
tempo;
stiamo in bilico e quindi nella indecisione di un giuoco colla
tranquilla
sicurezza di vincere; siamo soli senza nemmeno il contatto colla
terra,
che le nostre ruote sfiorano appena, quasi in balia del vento,
contro il
quale lottiamo come un uccello.
Non è il viaggio o la sua economia nel compierlo che ci
soddisfa,
ma la facoltà appunto di interromperlo e di mutarlo, quella poesia
istintiva di una improvvisazione spensierata, mentre una forza
orgogliosa
ci gonfia il cuore di sentirci così liberi.
Domani la carrozzella automobile ci permetterà viaggi più
rapidi e
più lunghi, ma non saremo più né così liberi né così soli: la
carrozzella non potrà identificarsi con noi come la bicicletta,
non
saranno le nostre gambe che muovono gli stantuffi, non sarà il
nostro
soffio che la spinge nelle salite.
Seduti come in un treno non ci tornerà più l’illusione di
essere
giovani, correndo coll’impeto stesso della giovinezza; non avremo
trionfato del vento, non ci saremo ritemprati nella fatica al sol;
ma la
nuova macchina c’imporrà le preoccupazioni dei propri guasti non
riparabili al momento, c’impedirà di sognare, perché non potremo
più
guidarla istintivamente, e ci darà il senso doloroso del limite,
appunto
perché separata da noi, sospinta da una forza che non può fondersi
colla
nostra".
Alfredo Oriani
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