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Se la storia non si ripete del tutto, di sicuro si ripropone in modo molto simile. Mentre assistiamo a un’impennata nella richiesta di biciclette e a Paesi che si preparano a spendere miliardi per ridisegnare le città con una rinnovata attenzione a pedoni e ciclisti, vale la pena di ricordare in che modo l’avvento della bicicletta alla fine del XIX secolo ha trasformato la società in tutto il mondo.
Era una tecnologia altamente innovativa, facilmente paragonabile a quella dei moderni smartphone. Nei ruggenti anni intorno al 1890, la bicicletta era l’oggetto irrinunciabile per eccellenza: un veloce, affidabile ed elegante mezzo di trasporto in grado di portarti ovunque, in qualunque momento e gratuitamente.
Praticamente chiunque poteva imparare ad andare in bicicletta, e così avvenne. Il sultano di Zanzibar iniziò a pedalare. Così come lo zar di Russia. L’emiro di Kabul acquistò delle biciclette per tutto il suo harem. Ma in tutto il mondo la bicicletta divenne un binomio inscindibile soprattutto con la classe media e la classe operaia. Per la prima volta nella storia le masse potevano spostarsi, potevano andare e venire come volevano. Non servivano più i costosi cavalli e le carrozze. Il “ronzino dei poveri”, come veniva chiamata la bicicletta, non era solo leggera, economica e facile da mantenere, era anche il mezzo più veloce per viaggiare sulle strade.
La società si trasformò. Le donne furono particolarmente entusiaste, abbandonarono le ingombranti gonne in stile vittoriano a favore dei pantaloni e di abiti più “razionali” e si riversarono nelle strade. “Penso che l’andare in bicicletta abbia avuto il ruolo più significativo per l’emancipazione femminile di qualsiasi altra cosa al mondo”, affermò Susan B. Anthony in un’intervista al New York Sunday World nel 1896. “Ogni volta che vedo una donna che si muove su due ruote mi fermo a guardarla e mi rallegro… l’immagine di un’autentica e sfrenata femminilità”.
Nel 1898 il ciclismo era diventato un’attività così popolare negli Stati Uniti che il New York Journal of Commerce affermava le perdite commerciali a ristoranti e cinema per oltre 100 milioni di dollari all’anno. La produzione di biciclette divenne uno dei settori più grandi e innovativi di tutta l’America. Un terzo di tutte le richieste di brevetti riguardavano le biciclette, un numero così alto che l’ufficio brevetti statunitense dovette costruire un nuovo edificio per poterle gestire tutte.
L’invenzione della bicicletta è generalmente attribuita a un inglese di nome John Kemp Starley. Suo zio, James Starley, aveva sviluppato il biciclo intorno al 1870. Immaginando che la richiesta di biciclette sarebbe aumentata se non fossero state così spaventose e pericolose da guidare, nel 1885 il trentenne inventore iniziò a sperimentare nella sua officina di Coventry partendo da una bicicletta azionata a catena dotata di due ruote molto più piccole. Dopo aver testato diversi prototipi, arrivò alla bicicletta di sicurezza Rover, un veicolo da 20 kg che assomigliava più o meno a quella che oggi chiamiamo bicicletta.
Quando venne presentata per la prima volta a una mostra di biciclette nel 1886, l’invenzione di Starley venne guardata con curiosità. Ma due anni dopo, quando la bicicletta di sicurezza fu abbinata allo pneumatico appena inventato, che non solo ne ammortizzava l’andatura, ma la rendeva anche più veloce del 30%, il risultato fu pura magia.
I produttori di biciclette di tutto il mondo si precipitavano a presentare le loro nuove versioni, e centinaia di nuove aziende nacquero per soddisfare le richieste. Nel 1895, in occasione della fiera Stanley Bicycle Show di Londra, circa 200 produttori misero in mostra 3.000 modelli.
Uno dei maggiori produttori era la Columbia Bicycles, il cui stabilimento di Hartford, in Connecticut, era in grado di produrre una bicicletta al minuto grazie alla catena di montaggio automatizzata, una tecnologia pionieristica che un giorno sarebbe diventata il tratto distintivo dell’industria automobilistica. Azienda all’avanguardia in un settore in piena crescita, la Columbia offriva ai suoi dipendenti anche un parcheggio per biciclette, spogliatoi privati, pasti agevolati presso la mensa aziendale e una biblioteca.
L’inarrestabile richiesta di biciclette favorì la nascita di altri settori, come quello dei cuscinetti a sfera, del filo per i raggi, dei tubi in acciaio, della produzione di utensili di precisione, che continuarono a plasmare il mondo manifatturiero anche quando la bicicletta venne relegata al reparto giocattoli. L’effetto domino si allargò anche al mondo della pubblicità. Agli artisti veniva chiesto di creare poster meravigliosi, aprendo un mercato redditizio alle tecniche litografiche appena inventate, che permettevano di stampare con colori ricchi e vivaci. Le strategie di marketing, come l’obsolescenza programmata e la presentazione di nuovi modelli ogni anno, hanno avuto inizio con il commercio delle biciclette intorno agli anni ’90 del 1800.
Con una bicicletta tutto sembrava possibile e le persone comuni iniziarono a partire per viaggi straordinari. Nell’estate del 1890, ad esempio, un giovane luogotenente dell’esercito russo pedalò da San Pietroburgo a Londra, percorrendo circa 112 km al giorno. Nel settembre del 1894, la 24enne Annie Londonderry partì da Chicago con un cambio di abiti e un revolver con il calcio in madreperla, diventando la prima donna a fare il giro del mondo in bicicletta. Poco meno di un anno dopo fece ritorno a Chicago vincendo un premio da 10.000 dollari.
In Australia, tosatori di pecore nomadi macinavano centinaia di chilometri nell’entroterra desertico alla ricerca di lavoro. Partivano per questi viaggi come se fossero semplici pedalate nel parco, osservava il giornalista corrispondente C.E.W. Bean nel suo libro On The Wool Track. “Chiedeva la strada, accendeva la pipa, montava sulla bicicletta e partiva. Se fosse cresciuto in città, come molti tosatori, molto probabilmente sarebbe partito con indosso un cappotto nero e una bombetta... proprio come per andare a bere il tè a casa delle zie”.
E nell’America occidentale, durante l’estate del 1897, il 25° Reggimento dell’Esercito americano, un’unità afroamericana conosciuta con il nome di Buffalo Soldiers (Soldati bisonte, NdT), completò l’eccezionale percorso di oltre 3.000 km da Fort Missoula in Montana, fino a St. Louis nel Missouri, per dimostrare l’utilità delle biciclette per i militari. Trasportando l’attrezzatura completa e le carabine e viaggiando lungo sentieri impervi e fangosi, i Buffalo Soldiers percorrevano circa 80 km al giorno, due volte più velocemente di un’unità di cavalleria e a un terzo del costo.
L’avvento della bicicletta influì praticamente su ogni aspetto della vita, l’arte, la musica, la letteratura, la moda e persino il patrimonio genetico. I registri parrocchiali in Inghilterra mostrano un notevole aumento dei matrimoni tra villaggi diversi durante il periodo d’oro delle biciclette dell’ultimo decennio del 900. I giovani resi improvvisamente liberi girovagavano per la campagna a piacere, socializzavano lungo le strade, si incontravano in villaggi lontani e, come facevano notare i severi sostenitori dei principi morali, spesso lasciavano indietro i loro vecchi chaperon.
Nel 1892 il cantautore inglese Henry Dacre ottenne un notevole successo su entrambe le sponde dell’Atlantico con la canzone Daisy Bell e il suo famoso ritornello “a bicycle built for two” (una bicicletta per due, NdT). Lo scrittore H.G. Wells, appassionato ciclista e acuto osservatore della società, scrisse diversi romanzi dedicati al ciclismo, opere leggere incentrate sulle possibilità di questo nuovo e meraviglioso mezzo di trasporto, che offriva romanticismo, libertà e l’opportunità di abbattere le barriere sociali.
Wells non era l’unico visionario che capì come la bicicletta sarebbe riuscita a modellare il futuro. “L’effetto [delle biciclette] sullo sviluppo delle città sarà senza alcun dubbio rivoluzionario”, affermò nel 1892 uno scrittore in una rivista americana di sociologia. In un articolo intitolato “Influenze economiche e sociali della bicicletta” l’autore prevedeva città più pulite, più verdi, più tranquille, con abitanti più felici, più sani e più aperti al mondo esterno. Grazie alla bicicletta, scriveva, i giovani “vedono una fetta più ampia di mondo e allargano i loro orizzonti. Mentre altrimenti potrebbero solo raramente spingersi oltre le distanze percorribili a piedi da casa, in bicicletta invece si spostano costantemente da una cittadina all’altra, imparando a conoscere tutte le contee e, durante le vacanze, esplorando non di rado diversi stati. Queste esperienze aiutano a sviluppare un carattere più energico, autonomo e indipendente…”.
Il peso politico di milioni di ciclisti e di una delle industrie più grandi del Paese ha portato a rapidi miglioramenti nelle vie di città e nelle strade di campagna, mentre i ciclisti spianavano letteralmente la strada per l’era dell’automobile, all’epoca ancora imprevedibile. Nel 1895 Brooklyn inaugurò uno dei primi percorsi del Paese dedicati alle biciclette, da Prospect Park a Coney Island. Il primo giorno fu utilizzato da circa 10.000 ciclisti. Due anni dopo, la città di New York adottò il primo codice della strada del Paese in risposta al numero sempre crescente di “bolidi”, ciclisti che sfrecciavano a tutta velocità. Il capo della polizia, Teddy Roosevelt, introdusse la figura del poliziotto in bicicletta, in grado di fermare i velocisti, perché il “ronzino del popolo” era ancora l’oggetto più veloce sulla strada.
Ma tutto questo non sarebbe durato a lungo. Prima della fine del decennio, gli appassionati di meccanica su entrambe le sponde dell’Atlantico si resero conto che le ruote a raggi, la trasmissione a catena e i cuscinetti a sfera potevano essere combinati con i motori per realizzare veicoli ancora più veloci, sebbene non silenziosi come le biciclette e non così economici da utilizzare, ma divertenti da guidare e redditizi da produrre. A Dayton, in Ohio, due meccanici di biciclette, i fratelli Wilbur e Orville Wright, stavano esplorando l’idea di una macchina volante “più pesante dell’aria”, fissando le ali alle biciclette per testare le possibilità aerodinamiche e finanziando la loro ricerca con i profitti del loro negozio di bici.
Tornando alla cittadina di Coventry, nell’Inghilterra settentrionale, James Kemp Starley, la cui bicicletta di sicurezza Rover è stata all’origine di tutto negli anni ’80 del 1800, morì improvvisamente nel 1901 all’età di 46 anni. Ma nel frattempo la sua azienda stava passando dall’umile bicicletta alla produzione di motociclette e successivamente di automobili. Era la strada del futuro: nella lontana America, un altro ex meccanico di biciclette di nome Henry Ford stava diventando piuttosto bravo.
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If history does not repeat itself completely, it certainly repeats itself in a very similar way. As we see a surge in demand for bicycles and countries preparing to spend billions to redesign cities with a renewed focus on pedestrians and cyclists, it is worth remembering how the advent of the bicycle at the end of the 19th century transformed society around the world.
It was a highly innovative technology, easily comparable to that of modern smartphones. In the roaring years around 1890, the bicycle was the indispensable object par excellence: a fast, reliable and elegant means of transport capable of taking you anywhere, at any time and for free.
Virtually anyone could learn to ride a bicycle, and they did. The Sultan of Zanzibar began pedaling. As well as the Tsar of Russia. The Emir of Kabul bought bicycles for his entire harem. But all over the world the bicycle became an inseparable pair especially with the middle class and the working class. For the first time in history, the masses could move, they could come and go as they pleased. Expensive horses and carriages were no longer needed. The “poor man's nag”, as the bicycle was called, was not only light, cheap and easy to maintain, it was also the fastest way to travel on the roads.
Society transformed. The women were particularly enthusiastic, they abandoned the bulky Victorian-style skirts in favor of trousers and more "rational" dresses and poured into the streets. “I think bicycling has played the most significant role in women's empowerment than anything else in the world,” Susan B. Anthony said in an interview with New York Sunday World in 1896. “Every time I see a woman who moves on two wheels I stop to look at her and I rejoice… the image of an authentic and unbridled femininity ”.
By 1898, cycling had become such a popular activity in the United States that the New York Journal of Commerce reported commercial losses to restaurants and cinemas of over $ 100 million a year. Bicycle manufacturing became one of the largest and most innovative sectors in all of America. A third of all patent applications were for bicycles, a number so high that the US Patent Office had to build a new building to handle them all.
The invention of the bicycle is generally attributed to an Englishman named John Kemp Starley. His uncle, James Starley, had developed the bicycle around 1870. Imagining that demand for bicycles would increase if they weren't so scary and dangerous to ride, in 1885 the 30-year-old inventor began experimenting in his Coventry workshop starting with a bicycle chain driven equipped with two much smaller wheels. After testing several prototypes, he came up with the Rover safety bicycle, a 20kg vehicle that more or less resembled what we now call a bicycle.
When it was first presented at a bicycle show in 1886, Starley's invention was viewed with curiosity. But two years later, when the safety bicycle was paired with the newly invented tire, which not only cushioned its pace, but also made it 30% faster, the result was pure magic.
Bicycle manufacturers all over the world rushed to showcase their new versions, and hundreds of new companies sprang up to meet the demands. In 1895, around 200 manufacturers exhibited 3,000 models at the Stanley Bicycle Show in London.
One of the largest manufacturers was Columbia Bicycles, whose Hartford, Connecticut plant was able to produce one bicycle per minute thanks to the automated assembly line, a pioneering technology that would one day become the hallmark of the automotive industry. At the forefront of a booming industry, Columbia also offered its employees bicycle parking, private changing rooms, subsidized meals at the company canteen and a library.
The unstoppable demand for bicycles favored the emergence of other sectors, such as ball bearings, wire for spokes, steel tubes, the production of precision tools, which continued to shape the manufacturing world even when the bicycle was relegated to the toy department. The domino effect also spread to the world of advertising. Artists were being asked to create beautiful posters, opening up a lucrative market for newly invented lithographic techniques, which allowed them to print in rich, vibrant colors. Marketing strategies, such as planned obsolescence and the presentation of new models every year, began with the bicycle trade around the 1890s.
With a bicycle, everything seemed possible and ordinary people set off on extraordinary journeys. In the summer of 1890, for example, a young lieutenant of the Russian army pedaled from St. Petersburg to London, covering about 112 km per day. In September 1894, 24-year-old Annie Londonderry left Chicago with a change of clothes and a revolver with a mother-of-pearl stock, becoming the first woman to ride a bicycle around the world. A little less than a year later he returned to Chicago and won a $ 10,000 prize.
In Australia, nomadic sheep shearers milled hundreds of kilometers in the desert hinterland in search of work. They set off on these journeys as if they were simple rides in the park, observed the correspondent journalist C.E.W. Bean in his book On The Wool Track. “He asked the way, lit his pipe, got on the bicycle and left. If he had grown up in the city, like many hair clippers, he would most likely have left wearing a black coat and a bowler hat ... just like going to drink tea at his aunts' house. "
And in Western America, during the Summer of 1897, the 25th Regiment of the U.S. Army, an African-American unit known as the Buffalo Soldiers, completed the exceptional 3,000-kilometer route from Fort Missoula in Montana to St. Louis in Missouri to demonstrate the usefulness of bicycles for the military. Carrying full equipment and rifles and traveling along rough and muddy trails, the Buffalo Soldiers traveled about 50 miles per day, twice as fast as a cavalry unit and at one-third the cost.
The advent of the bicycle influenced virtually every aspect of life, art, music, literature, fashion and even the genetic heritage. Parish records in England show a notable increase in marriages between different villages during the bicycle heyday of the last decade of the 1900s. Young people suddenly freed roamed the countryside at will, socialized along the roads, met in villages. far away and, as stern moralists pointed out, often left their old chaperones behind.
In 1892 the English singer-songwriter Henry Dacre achieved considerable success on both sides of the Atlantic with the song Daisy Bell and his famous refrain "a bicycle built for two". Writer H.G. Wells, a passionate cyclist and keen observer of society, wrote several novels dedicated to cycling, light works focusing on the possibilities of this wonderful new means of transport, which offered romance, freedom and the opportunity to break down social barriers.
Wells was not the only visionary who understood how the bicycle would be able to shape the future. "The effect [of bicycles] on the development of cities will undoubtedly be revolutionary," said a writer in an American sociology journal in 1892. In an article entitled "Economic and social influences of the bicycle", the author predicted cleaner, greener, quieter cities, with happier, healthier inhabitants and more open to the outside world. Thanks to the bicycle, he wrote, young people “see a larger slice of the world and broaden their horizons. While otherwise they may only rarely go beyond the distances that can be traveled on foot from home, they are constantly moving from one town to another by bicycle, learning about all the counties and, during the holidays, often exploring different states. These experiences help to develop a more energetic, autonomous and independent character… ”.
The political clout of millions of cyclists and one of the country's largest industries led to rapid improvements in city streets and country roads, as cyclists literally paved the way for the era of the automobile, back then. unpredictable. In 1895, Brooklyn inaugurated one of the country's first bicycle routes, from Prospect Park to Coney Island. The first day was used by around 10,000 cyclists. Two years later, New York City adopted the country's first highway code in response to the ever-increasing number of "bolidi", cyclists whizzing by at full speed. The police chief, Teddy Roosevelt, introduced the figure of the policeman on a bicycle, able to stop the sprinters, because the "people's nag" was still the fastest object on the road.
But this wasn't going to last long. Before the decade was out, mechanics enthusiasts on both sides of the Atlantic realized that spoked wheels, chain drive and ball bearings could be combined with motors to make vehicles even faster, albeit not silent. like bicycles and not so cheap to use, but fun to ride and profitable to produce. In Dayton, Ohio, two bicycle mechanics, brothers Wilbur and Orville Wright, were exploring the idea of a "heavier-than-air" flying machine, attaching wings to bicycles to test aerodynamic possibilities and funding their research. with the profits of their bike shop.
Returning to the town of Coventry in northern England, James Kemp Starley, whose Rover safety bicycle was the origin of it all in the 1880s, died suddenly in 1901 at the age of 46. But in the meantime his company was moving from humble bicycles to the production of motorcycles and later cars. It was the road of the future: in distant America, another former bicycle mechanic named Henry Ford was getting pretty good.
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