È il 13 maggio 1909. Giovanni Giolitti guida il suo terzo governo e Filippo Tommaso Marinetti ha da poco firmato, su Le Figaro, il Manifesto del Futurismo.
Ma quel giorno passerà alla storia perché il ventenne romano Dario Beni si aggiudica la prima tappa del primo Giro d'Italia. Partenza da Milano e arrivo a Bologna dopo 397 chilometri. Beni ci mette più di 14 ore a concludere la sua cavalcata trionfale. Alla fine, però, quel Giro lo vinse il muratore varesino Luigi Ganna che, all'Arena di Milano, dichiarò... «Me brüsa tanto el cü!»
108 anni dopo quel 13 maggio, il Giro celebra se stesso e la sua storia fatta di tanti chilometri: il Giro d'Italia 2017 è l'edizione numero 100 della gara a tappe perché la corsa non si disputò durante i due conflitti mondiali. Ecco alcuni aneddoti storici poco noti del Giro.
1923: LA SFIDA DEGLI "ISOLATI". Sfogliando le prime classifiche del Giro d'Italia, sotto il nome del vincitore, salta all'occhio un secondo nome. Ernesto Azzini nel 1909. Ezio Corlaita nel 1910. Giovanni Gerbi nel 1911.
Anche questi, in un certo senso, sono vincitori. Ma di una categoria particolare, quella degli "isolati". Cioè quelli che gareggiano senza squadra e senza sponsor. Corrono perché sperano di guadagnare qualcosa in più che lavorando nei campi oppure in fabbrica. Si fanno aiutare da comitati locali, dai mecenati dello sport e, spesso, dalle collette dei loro compaesani. Prima della partenza, gli isolati consegnavano il loro bagaglio all'organizzazione che glielo faceva trovare all'arrivo. Così, dopo dieci o anche dodici ore in sella, recuperato il bagaglio, dovevano procurarsi da mangiare e un tetto (o un fienile!) sotto cui dormire. Anche Ottavio Bottecchia è stato un "isolato" prima di vincere due volte il Tour de France.
1933: BINDA E GUERRA ALL'ULTIMO COLPO. Alla prima tappa della 21a edizione del Giro è già battaglia tra i due contendenti alla vittoria finale: Alfredo Binda e Learco Guerra. Binda è il vecchio campione, Guerra il giovane sfidante. A Torino la spunta Guerra che attacca il rivale mentre questo è sceso dalla bici per un contrattempo. Ma il giorno dopo, sul passo della Scoffera, la maglia rosa va in crisi di fame e rischia di piantarsi. Gli viene in soccorso il patron del Giro, Armando Cougnet, offrendogli una scatola di biscotti (sembra che il corridore se la sia mangiata con la carta!). La maglia rosa torna sulle spalle di Binda che, appena viene a sapere dell'accaduto, protesta vivacemente. Guerra aspetta il momento del riscatto e, a Grosseto, aiuta il belga Jeff Demuysere a strappare la maglia rosa a Binda. Ma non è ancora finita: all'Ippodromo romano di Villa Glori Guerra finisce a ruote all'aria e denuncia una gomitata dell'avversario. Ma la giuria dice che la caduta è stata causata da una siepe. Guerra torna a casa e Binda vince il Giro.
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Nessuno è mai riuscito a vincere più di 5 volte il Giro d'Italia, e a questo traguardo sono arrivati solamente Alfredo Binda, Fausto Coppi e Eddy Merckx.
1948: TRA I DUE LITIGANTI... Nel 1948 gli italiani aspettano il Giro d'Italia per gustarsi il duello tra Fausto Coppi e Gino Bartali. Invece salta fuori Fiorenzo Magni che con una lunga fuga guadagna 13 minuti sui due campioni. Bartali è un po' in affanno. Coppi, invece, attacca alla sua maniera. Vince a Cortina, guadagnando quattro minuti. Il giorno dopo Coppi è ancora all'attacco. Magni, invece, va in crisi nera. E, sul Pordoi, rischia il crollo. Lo tengono i piedi, nel vero senso della parola, gli operai della Wilier Triestina (la marca della sua bicicletta), reclutati appositamente per dare una mano al corridore toscano. Il Campionissimo vince e rastrella altri tre minuti. Ma non basta perché Magni è sempre maglia rosa (per 2 minuti e 11 secondi). La Bianchi protesta per le spinte e la giuria decide di penalizzare Magni di due minuti. Coppi si ritira per protesta. E i suoi tifosi, al Vigorelli di Milano, fischieranno sonoramente Fiorenzo Magni, il vincitore inatteso.
1967: IL CANNIBALE. Nella sua carriera Eddy Merckx ne ha più di tutti: 426 trionfi. Ma non si è mai saziato. Da febbraio a ottobre, per tutte le stagioni da professionista, è sempre stato affamato di vittorie. Non lasciava nulla agli altri, neppure le briciole. Neppure le tappe meno importanti, le corsette. Un esempio: Giro di Sardegna del 1967, tappa Sassari-Cagliari. Aldo Pifferi si trova in fuga autorizzata dal gruppo: aveva chiesto il permesso di andare avanti a fare un bisognino! La gara va lentissima, Pifferi rispetta le consegne e attende il gruppo. Ma dopo un po' si spazientisce. E comincia a fare sul serio, offeso dal comportamento degli altri corridori. Nessuno pare intenzionato ad andare a riprenderlo. Nessuno tranne Eddy Merckx. Il belga mette alla frusta i gregari della Molteni e riprende il Pifferi. Lo raggiunge a 300 metri dal traguardo e lo beffa poco prima del traguardo. Non per cattiveria. È semplicemente voglia di vincere. Cose da Cannibale!
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Sono gli anni di Fausto Coppi quando, nel 1940, si aggiudica il suo primo Giro d'Italia. Il più giovane trionfatore nella storia della manifestazione.
1979: ATTENTI A QUEI DUE. Alla fine degli anni 70, Moser e Saronni infiammano l'Italia come ai bei tempi di Coppi e Bartali. Francesco Moser è quasi all'apice della carriera quando parte, da favoritissimo, per il Giro d'Italia del 1979. Ma a vincere è Beppe Saronni.
È l'inizio di una rivalità aspra, spigolosa, fatta di veleni e cattiverie assortite. Nel 1980 Moser conquista la sua terza Parigi-Roubaix. Saronni sbotta: «Questa gara è un ciclocross da abolire». Alla Tirreno-Adriatico dell'anno seguente Saronni si lascia scappare un perfido «... quello là vado a prenderlo anche con le scarpe da tennis». Ma vince Moser.
Quello stesso anno, al campionato italiano, i due rischiano di toccarsi e finire a terra. Saronni ci va pesante: «Se non sai stare più in bicicletta è meglio che ti ritiri».
Sono passati oltre trent'anni da quelle sfide infuocate. Le cose vanno meglio. Ma quando si presenta l'occasione nessuno dei due si tira indietro. Saronni attacca come ai vecchi tempi: «Moser è diventato un produttore di vino. Be', non me ne ha regalata neanche una bottiglia!» E Moser: «Certo, il vino lo produco, ma per venderlo, mica per regalarlo!»
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Sono le tappe vinte da Mario Cipollini. Ovviamente un successo... in volata! Il secondo, infatti, è Alfredo Binda, che si è fermato a quota 41 tappe vinte. Al terzo posto, Learco Guerra (31).
L'IMMENSO FAUSTO COPPI. Non è stata solo la più bella vittoria di Fausto Coppi. Forse è la più grande impresa nella storia del ciclismo. È il 1949. Coppi ha già ipotecato la vittoria finale del Giro d'Italia sul Pordoi, rifilando più di 6 minuti al suo eterno rivale Bartali. In classifica generale si trova a soli 28 secondi dalla maglia rosa Leoni che, in vista della terribile Cuneo-Pinerolo, non ha alcuna speranza di difendersi. A Coppi, insomma, basta una corsa normale per vincere. Invece decide di fare l'extraterrestre. La mattina di quel venerdì 10 giugno, il Piemonte non ha nulla di primaverile. Piove, fa freddo e le cime delle montagne che aspettano i corridori sono soffocate nelle nuvole. Da Cuneo a Pinerolo, sconfinando in terra francese, i chilometri sono 254. Ma i numeri che fanno più paura sono quelli delle montagne: Colle della Maddalena (1.996 metri d'altezza), Col de Vars (2.109), Col d'Izoard (2.360), Monginevro (1.854) e Sestrière (2.035).
L'ATTACCO. Gruppo compatto fino alle prime rampe del Colle della Maddalena. Qualche ammiraglia fa girare la voce che in Francia c'è il sole. Così fiorisce un po' di ottimismo. E forse è proprio questo ottimismo a spingere il toscano Primo Volpi all'attacco. Guadagna cinquanta metri sugli altri. La maglia arancione di Volpi si allontana sempre di più. E allora scatta anche Coppi. Nel giro di pochi minuti ha già ripreso Volpi, lo stacca subito e se ne va da solo. Nel giro di pochi chilometri ha già fatto il vuoto dietro di sé. Arriva da solo sulla Maddalena. Però, mancano ancora 190 chilometri all'arrivo di Pinerolo. Quando Mario Ferretti prende la linea per la sua radio-cronaca esordisce così: «Un uomo solo è al comando, la sua maglia è bianco-celeste, il suo nome è Fausto Coppi!»
11 MINUTI. Nel frattempo, Gino Bartali, che è un ottimo scalatore, si stacca dal gruppo e tenta di riprendere il Campionissimo. Arriva al primo Gran Premio della Montagna con più di due minuti di ritardo. In cima al Col de Vars diventano quattro e mezzo. Coppi attacca anche sull'Izoard, sulla cui vetta ha spedito l'amico Carletto Cori perché gli tenesse una boraccia rigenerante contenente germe di grano.
Sul Monginevro Bartali è staccato di quasi sette minuti. Non si arrende: anche lui è solo nel suo inseguimento impossibile ma non c'è niente da fare. In cima al Sestrière il distacco è ancora aumentato. E la progressione di Fausto Coppi continua fin sotto il traguardo di Pinerolo dove arriva con un vantaggio di 11 minuti e 52 secondi. Due giorni dopo, a Monza, il Campionissimo vincerà il suo terzo Giro d'Italia. Un mese più tardi, a Parigi, il suo primo Tour de France.
LA MAGLIA ROSA. È il simbolo della vittoria al Giro d'Italia. Eppure ci sono ciclisti che hanno vinto la corsa (magari più di una volta, come Carlo Galetti) ma non hanno mai avuto l'onore di indossarla. Fino al 1931, infatti, non c'era alcun simbolo di riconoscimento per il capo-classifica. La novità fu introdotta da Armando Cougnet, patron della gara a tappe, fin da allora organizzata da La Gazzetta dello Sport (il colore rosa, naturalmente, viene proprio dalle pagine del giornale sportivo).
Il 10 maggio 1931 fu "la locomotiva umana", Learco Guerra, vincitore della prima tappa del 19° Giro d'Italia (Milano-Mantova di 206 chilometri), a vestire la prima maglia rosa.
Sembra però che il colore rosa non piacque per nulla a Benito Mussolini che lo considerava troppo femminile per essere la maglia dell'eroe nazionale del pedale! Il corridore che ha vestito più volte la maglia rosa è Eddy Merckx: per lui 78 giorni da leader della classifica (Wikipedia dice 77... ma anche Wikipedia può sbagliare!).
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Sono i chilometri della tappa più lunga del Giro. Partenza a Lucca e arrivo a Roma. È il 1914, vince Costante Girardengo.
LA MAGLIA VERDE. Le montagne sono il simbolo del Giro d'Italia. Alpi e Appennini sono state lo scenario di tantissime battaglie e, spesso, hanno segnato le fasi decisive della gara. Ecco perché la maglia verde, che premia il miglior scalatore della corsa, è la più prestigiosa. Dopo quella rosa, naturalmente. Ma come viene assegnata questa maglia? Nelle tappe che presentano dei dislivelli altimetrici significativi, vengono attribuiti dei punti in base all'ordine su un traguardo virtuale, posto in cima alle salite (il punteggio è variabile a seconda della difficoltà della salita).
Dal 1965, la vetta più alta di ogni Giro d'Italia viene ribattezzata Cima Coppi, in onore del Campionissimo, e assegna un numero doppio di punti rispetto alle cime della stessa categoria.
Gino Bartali è il record-man della maglia verde: la vinse per sette volte. Anche il Tour de France prevede la classifica del Gran Premio della Montagna: chi ne è al comando ha l'onore di indossare la prestigiosa maglia a pois.
LA MAGLIA CICLAMINO. È riservata al leader della classifica a punti. Il vincitore di ogni tappa ne conquista 25. Gli altri piazzati ne prendono, via via scalando, in base all'ordine di arrivo. Contribuiscono anche i traguardi volanti, cioè quelli posti lungo il percorso di tappa, che però valgono un minor numero di punti. A conquistare la maglia ciclamino sono spesso i velocisti perché, più degli altri, hanno la possibilità di vincere un maggior numero di tappe. Mario Cipollini, per esempio la vinse per tre volte (la prima e la terza a dieci anni di distanza).
LA MAGLIA BIANCA. C'è una classifica speciale per i corridori che hanno meno di 24 anni: il giovane meglio piazzato in classifica generale ha diritto a vestire la maglia bianca. Da quest'anno la maglia bianca sarà intitolata a Candido Cannavò, direttore de La Gazzetta dello Sport per 19 anni, scomparso lo scorso febbraio.
298
Sono i ciclisti che partono per il Giro del 1928. Nessun'altra edizione ha fatto registrare più iscritti. Al contrario, il record di minor numero di partecipanti appartiene all'edizione del 1912: sono soltanto in 54 alla partenza.
E LA MAGLIA NERA? È la maglia dell'ultimo classificato, assegnata soltanto dal 1946 al 1951. A quei tempi, però, la bicicletta era soprattutto un mestiere e arrivare ultimo poteva essere parecchio remunerativo. Il primo ad accorgersene fu Luigi Malabrocca, soprannominato il cinese. La sua filosofia era semplice: meglio ultimo che perdersi nell'anonimato della quinta, ventesima o centesima posizione. E aveva ragione, l'ultimo faceva simpatia e portava a casa un sacco di premi. È proprio grazie al cinese di Tortona se, nel 1946, l'organizzazione del Giro decide di istituire la maglia nera, con tanto di classifica al contrario e montepremi. Malabrocca se la aggiudica per due anni di fila. Ma nel 1949, deve "arrendersi" a Sante Carollo. Una delusione bruciante che lo spingerà al ritiro!
25
Sono i punti con cui Luigi Ganna vinse il Giro del 1909. Nelle prime edizioni, infatti, la classifica veniva calcolata in base ai punti (il primo ne prendeva uno, il secondo due e così via). Altrimenti avrebbe vinto Giovanni Rossignoli.
LA VERA CORSA ROSA: IL GIRO D'ITALIA FEMMINILE. Nel 1988, poche settimane dopo la vittoria di Andrew Hampsten al Giro d'Italia, parte per la prima volta la corsa rosa in versione femminile. La tappa inaugurale è il crono-prologo di Milano conquistato dalla tedesca dell'est (la Germania non è ancora riunificata) Petra Rossner. La formula prevede otto tappe e un percorso che, dal capoluogo lombardo, porta le cicliste fino a Roma, toccando la sponda dell'Adriatico. Vince Maria Canins, già campionessa italiana (per quindici volte!) di sci di nordico. A parte un biennio di black out (1991 e 1992), il Giro Donne è diventato uno degli appuntamenti più importanti del calendario internazionale.
Fa il salto di qualità verso la fine degli anni '90, quando Marco Pantani semina voglia di ciclismo in giro per l'Italia. E Fabiana Luperini, soprannominata la Pantanina per le sue doti di scalatrice, è il personaggio giusto per mettergli le ali. La Luperini vince per quattro anni di fila, dal 1995 al 1998. E per due volte, nel 1995 e 1997, centra la doppietta ciclistica più prestigiosa: Giro e Tour nella stessa stagione. Nel 2001 vince la Freccia-Vallone, due anni dopo il campionato italiano. Ma sembra avere perso lo smalto per essere ancora protagonista nelle corse a tappe più importanti. Invece, l'anno scorso, sorprende tutti e conquista il suo quinto Giro d'Italia.
CLASSE 1891. Ma non si può parlare di donne e ciclismo senza raccontare la storia incredibile di Alfonsina Strada. Perché lei, il Giro d'Italia, lo corse insieme agli uomini. Nel 1924, quando le donne non potevano neppure votare. Alfonsina nasce a Rioli di Castelfranco Emilia, nel 1891. La sua è una famiglia poverissima e come riesca a inforcare la bici e mettersi a correre, ancora oggi, è un mezzo mistero. L'unica cosa certa è che, a 24 anni, è costretta dal padre a sposarsi con Luigi. Ma forse è proprio lui a incoraggiarla nella sua passione per i pedali. Figli? Macchè, Alfonsina continua a correre in bicicletta. E, nel 1924, il direttore della Gazzetta, Emilio Colombo, decide di ammetterla a un Giro che si annuncia un po' sottotono. All'inizio Alfonsina va fortissimo, classificandosi prima di molti uomini. Nell'ottava tappa, però, causa una giornata di maltempo e numerose forature, arriva fuori tempo massimo. I giudici la squalificano. Ma Emilio Colombo, che aveva capito l'interesse del pubblico verso Alfonsina, paga di tasca propria affinché continui il suo Giro fino al traguardo finale. La tappa più lunga è la Verona-Fiume (allora italiana) di 415 chilometri. La Strada arriva con oltre 25 minuti di ritardo ma il pubblico è ancora lì, ad aspettarla e festeggiarla. E così anche a Milano, dove Enrici vince il Giro e Alfonsina, dopo 3.618 chilometri, entra nella storia.
It is May 13, 1909. Giovanni Giolitti leads his third government and Filippo Tommaso Marinetti has recently signed the Manifesto of Futurism in Le Figaro.
But that day will go down in history because the twenty year old Roman Dario Beni wins the first stage of the first Giro d'Italia. Departure from Milan and arrival in Bologna after 397 kilometers. Beni takes more than 14 hours to conclude his triumphal ride. In the end, however, that Giro was won by the Varese bricklayer Luigi Ganna who, at the Milan Arena, declared ... "Me brüsa tanto el cü!"
108 years after that 13 May, the Giro celebrates itself and its history made up of many kilometers: the Giro d'Italia 2017 is the 100th edition of the stage race because the race was not disputed during the two world wars. Here are some little-known historical anecdotes from the Giro.
1923: THE CHALLENGE OF THE "ISOLATED". Leafing through the first rankings of the Giro d'Italia, under the name of the winner, a second name stands out. Ernesto Azzini in 1909. Ezio Corlaita in 1910. Giovanni Gerbi in 1911.
These too, in a sense, are winners. But of a particular category, that of the "isolated". That is, those who compete without a team and without sponsors. They run because they hope to earn more than working in the fields or in the factory. They get help from local committees, from sports patrons and, often, from the collections of their fellow villagers. Before departure, the blocks delivered their baggage to the organization that let them find it upon arrival. So, after ten or even twelve hours in the saddle, having recovered their luggage, they had to get food and a roof (or a barn!) To sleep under. Ottavio Bottecchia was also an "isolated" before winning the Tour de France twice.
1933: BINDA AND WAR AT THE LAST SHOT. At the first stage of the 21st edition of the Giro there is already a battle between the two contenders for the final victory: Alfredo Binda and Learco Guerra. Binda is the old champion, Guerra the young challenger. In Turin, the war that attacks his rival while he got off the bike due to a mishap. But the next day, on the Scoffera pass, the pink jersey goes into a crisis of hunger and risks planting itself. The patron of the Giro, Armando Cougnet, comes to his aid by offering him a box of biscuits (it seems that the runner has eaten it with the paper!). The pink shirt returns to Binda's shoulders who, as soon as she learns of the incident, protests vigorously. Guerra awaits the moment of redemption and, in Grosseto, he helps the Belgian Jeff Demuysere to snatch the pink jersey from Binda. But it's not over yet: at the Roman Hippodrome of Villa Glori Guerra he ends up on wheels and denounces an elbow from the opponent. But the jury says the fall was caused by a hedge. Guerra returns home and Binda wins the Giro.
5
No one has ever managed to win the Giro d'Italia more than 5 times, and only Alfredo Binda, Fausto Coppi and Eddy Merckx reached this milestone.
1948: BETWEEN THE TWO LITIGANTS ... In 1948 the Italians await the Giro d'Italia to enjoy the duel between Fausto Coppi and Gino Bartali. Instead, Fiorenzo Magni jumps out and with a long breakaway gains 13 minutes on the two champions. Bartali is a little in trouble. Coppi, on the other hand, attacks in his own way. He wins in Cortina, gaining four minutes. The next day Coppi is still on the attack. Magni, on the other hand, goes into black crisis. And, on the Pordoi, it risks collapse. In the truest sense of the word, the workers of Wilier Triestina (the brand of his bicycle), specially recruited to lend a hand to the Tuscan rider, keep his feet. The champion wins and rakes another three minutes. But that's not enough because Magni is always in the pink jersey (for 2 minutes and 11 seconds). Bianchi protests for the pushes and the jury decides to penalize Magni by two minutes. Coppi withdraws in protest. And his fans, at the Vigorelli in Milan, will loudly whistle Fiorenzo Magni, the unexpected winner.
1967: THE CANNIBAL. In his career Eddy Merckx has more than all: 426 triumphs. But he never got sated. From February to October, for all seasons as a pro, he has always been hungry for victories. He left nothing to the others, not even the crumbs. Not even the less important stages, the jogging. An example: Tour of Sardinia in 1967, Sassari-Cagliari stage. Aldo Pifferi finds himself on the run authorized by the group: he had asked permission to go ahead and do a bisognino! The race goes very slowly, Pifferi respects the deliveries and waits for the group. But after a while he gets impatient. And he begins to get serious, offended by the behavior of the other riders. Nobody seems willing to go and get it back. Nobody except Eddy Merckx. The Belgian puts the Molteni wingmen to the whip and takes back the Pifferi. He reaches him 300 meters from the finish line and mocks him just before the finish line. Not out of malice. It is simply the desire to win. Cannibal stuff!
These are the years of Fausto Coppi when, in 1940, he won his first Giro d'Italia. The youngest winner in the history of the event.
1979: BEWARE OF THE TWO. At the end of the 70s, Moser and Saronni inflamed Italy as in the good times of Coppi and Bartali. Francesco Moser is almost at the peak of his career when he starts, as a very favorite, for the 1979 Giro d'Italia. But the winner is Beppe Saronni.
It is the beginning of a bitter, angular rivalry made of poisons and assorted wickedness. In 1980 Moser conquers his third Paris-Roubaix. Saronni blurts out: "This race is a cyclocross to be abolished." At the Tirreno-Adriatico of the following year Saronni lets a treacherous one escape "... I'm going to get that one with tennis shoes too." But Moser wins.
That same year, in the Italian championship, the two risk touching each other and ending up on the ground. Saronni goes hard: "If you don't know how to ride a bicycle, you'd better retire."
More than thirty years have passed since those fiery challenges. Things are better. But when the opportunity arises, neither of us backs down. Saronni attacks as in the old days: «Moser has become a wine producer. Well, he didn't even give me a bottle! " And Moser: "Of course, I produce wine, but to sell it, not to give it away!"
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These are the stages won by Mario Cipollini. Obviously a success ... in the sprint! The second, in fact, is Alfredo Binda, who stopped at 41 stages won. In third place, Learco Guerra (31).
THE IMMENSE FAUSTO COPPI. It was not only Fausto Coppi's best victory. Perhaps it is the biggest feat in cycling history. It is 1949. Coppi has already mortgaged the final victory of the Giro d'Italia over Pordoi, trimming more than 6 minutes to his eternal rival Bartali. In the general classification he is only 28 seconds from the pink Leoni jersey who, in view of the terrible Cuneo-Pinerolo, has no hope of defending himself. In short, a normal race is enough for Coppi to win. Instead he decides to be an extraterrestrial. On the morning of that Friday 10 June, Piedmont has nothing spring-like. It rains, it is cold and the mountain peaks that await the runners are smothered in clouds. From Cuneo to Pinerolo, crossing over into French land, there are 254 kilometers. But the most frightening numbers are those of the mountains: Colle della Maddalena (1.996 meters high), Col de Vars (2.109), Col d'Izoard ( 2,360), Montgenèvre (1,854) and Sestrière (2,035).
THE ATTACK. Compact group up to the first ramps of Colle della Maddalena. Some flagships spread the word that it is sunny in France. Thus a little optimism flourishes. And perhaps it is precisely this optimism that pushes the Tuscan Primo Volpi to attack. Earn fifty meters over the others. Volpi's orange jersey moves further and further away. And then Coppi also took off. Within a few minutes he has already picked up Volpi, detaches him immediately and goes away by himself. Within a few kilometers it has already made the void behind it. It arrives alone on the Maddalena. However, there are still 190 kilometers to go before the arrival of Pinerolo. When Mario Ferretti takes the line for his radio news he begins this way: "A lonely man is in charge, his shirt is white-blue, his name is Fausto Coppi!"
11 MINUTES. In the meantime, Gino Bartali, who is an excellent climber, breaks away from the group and tries to take back the Campionissimo. He arrives at the first Mountain Grand Prix more than two minutes late. At the top of the Col de Vars they become four and a half. Coppi also attacks on the Izoard, on whose summit he has sent his friend Carletto Cori to keep him a regenerating bottle containing wheat germ.
On Montgenèvre Bartali is separated by almost seven minutes. He does not give up: he too is alone in his impossible pursuit but there is nothing to be done. At the top of Sestrière the gap has increased even more. And Fausto Coppi's progression continues right up to the finish line in Pinerolo where he arrives with an advantage of 11 minutes and 52 seconds. Two days later, in Monza, the Champion will win his third Giro d'Italia. A month later, in Paris, his first Tour de France.
THE PINK SWEATER. It is the symbol of victory in the Giro d'Italia. Yet there are cyclists who have won the race (perhaps more than once, like Carlo Galetti) but have never had the honor of wearing it. Until 1931, in fact, there was no symbol of recognition for the leader. The novelty was introduced by Armando Cougnet, patron of the stage race, since then organized by La Gazzetta dello Sport (the pink color, of course, comes from the pages of the sports newspaper).
On May 10, 1931 it was "the human locomotive", Learco Guerra, winner of the first stage of the 19th Giro d'Italia (206 km Milan-Mantua), who wore the first pink jersey.
However, it seems that the color pink did not please Benito Mussolini at all, who considered it too feminine to be the jersey of the national hero of the pedal! The runner who has worn the pink jersey several times is Eddy Merckx: for him 78 days as leader of the ranking (Wikipedia says 77 ... but Wikipedia can be wrong too!).
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These are the kilometers of the longest stage of the Giro. Departure in Lucca and arrival in Rome. It is 1914, Costante Girardengo wins.
THE GREEN SWEATER. The mountains are the symbol of the Giro d'Italia. The Alps and the Apennines were the scene of many battles and often marked the decisive stages of the race. This is why the green jersey, which rewards the best climber in the race, is the most prestigious. After the pink one, of course. But how is this jersey assigned? In the stages with significant height differences, points are awarded according to the order on a virtual finish line, placed at the top of the climbs (the score varies according to the difficulty of the climb).
Since 1965, the highest peak of each Giro d'Italia has been renamed Cima Coppi, in honor of the Champion, and assigns double the number of points compared to the peaks in the same category.
Gino Bartali is the record-man of the green jersey: he won it seven times. The Tour de France also includes the classification of the Mountain Grand Prix: whoever is in the lead has the honor of wearing the prestigious polka dot jersey.
THE CYCLAMEN SWEATER. It is reserved for the leader of the points classification. The winner of each stage wins 25. The others placed take, gradually climbing, according to the order of arrival. Flying finish lines also contribute, ie those placed along the stage route, which however are worth fewer points. Sprinters often win the cyclamen jersey because, more than others, they have the chance to win a greater number of stages. Mario Cipollini, for example, won it three times (the first and third ten years later).
THE WHITE JERSEY. There is a special classification for riders under 24 years old: the youngest placed in the general classification is entitled to wear the white jersey. From this year, the white shirt will be named after Candido Cannavò, director of La Gazzetta dello Sport for 19 years, who passed away last February.
298
They are the cyclists who set off for the 1928 Giro. No other edition has registered more entrants. On the contrary, the record for the lowest number of participants belongs to the 1912 edition: there are only 54 at the start.
WHAT ABOUT THE BLACK JERSEY? It is the jersey of the last classified, awarded only from 1946 to 1951. In those days, however, the bicycle was above all a profession and finishing last could be quite profitable. The first to notice was Luigi Malabrocca, nicknamed the Chinese. His philosophy was simple: better last than getting lost in the anonymity of fifth, twentieth or hundredth position. And he was right, the last one was sympathetic and brought home a lot of prizes. It is thanks to the Chinese from Tortona that, in 1946, the organization of the Giro decided to set up the black jersey, complete with a reverse ranking and prize money. Malabrocca wins it for two years in a row. But in 1949, he had to "surrender" to Sante Carollo. A burning disappointment that will push him to retire!
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These are the points with which Luigi Ganna won the 1909 Giro. In the first editions, in fact, the classification was calculated on the basis of points (the first took one, the second took two and so on). Otherwise Giovanni Rossignoli would have won.
THE REAL PINK RACE: THE GIRO D'ITALIA FEMALE. In 1988, a few weeks after Andrew Hampsten's victory in the Giro d'Italia, the women's version of the pink race started for the first time. The inaugural stage is the time trial of Milan conquered by East German (Germany has not yet reunified) Petra Rossner. The formula includes eight stages and a route that, from the Lombard capital, takes the cyclists to Rome, touching the shore of the Adriatic. Vince Maria Canins, former Italian champion (fifteen times!) Of Nordic skiing. Apart from a two-year blackout (1991 and 1992), the Giro Donne has become one of the most important events on the international calendar.
He made the leap in quality towards the end of the 90s, when Marco Pantani sowed the desire for cycling around Italy. And Fabiana Luperini, nicknamed the Pantanina for her skills as a climber, is the right character to give him wings. Luperini wins for four years in a row, from 1995 to 1998. And twice, in 1995 and 1997, it hits the most prestigious cycling double: Giro and Tour in the same season. In 2001 he won the Freccia-Vallone, two years after the Italian championship. But it seems to have lost its shine to still be a protagonist in the most important stage races. Instead, last year, he surprised everyone and won his fifth Giro d'Italia.
CLASS 1891. But we cannot talk about women and cycling without telling the incredible story of Alfonsina Strada. Because she, the Giro d'Italia, ran it with the men. In 1924, when women could not even vote. Alfonsina was born in Rioli di Castelfranco Emilia, in 1891. Hers is a very poor family and how she manages to get on her bike and start running, still today, is half a mystery. The only certain thing is that, at 24, she is forced by her father to marry Luigi. But perhaps it is he who encourages her in her passion for pedals. Sons? Not at all, Alfonsina continues to ride a bicycle. And, in 1924, the director of the Gazzetta, Emilio Colombo, decides to admit it to a Giro that promises to be a bit subdued. At the beginning Alfonsina is very strong, finishing before many men. In the eighth stage, however, due to a day of bad weather and numerous punctures, he arrives out of time. The judges disqualify her. But Emilio Colombo, who understood the public's interest in Alfonsina, pays out of his own pocket to continue his Giro to the final finish line. The longest stage is the Verona-Rijeka (then Italian) of 415 kilometers. La Strada arrives more than 25 minutes late but the public is still there, waiting for it and celebrating it. And so also in Milan, where Enrici wins the Giro and Alfonsina, after 3,618 kilometers, enters history.
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