La meccanica fu sempre la sua più grande passione. Inventò e costruì tra l'altro un'escavatrice, una macchina da scrivere ed un riflettore. Poi volle dedicare ogni suo studio ed ogni sua attività alla creazione di un veicolo che potesse muoversi unicamente per l'energia impressagli dallo stesso guidatore. Tentò dapprima con una specie di carrozza a quattro ruote, che venne anche presentata da lui stesso nel 1815 allo storico congresso di Vienna, ma l'idea fu ben presto scartata per l'eccessiva pesantezza della macchina.
Von Drais pensò allora di usare due ruote sole. Non era un'idea del tutto nuova. Come al solito, aveva precedenti nell'antichissima Cina, dove esisteva ed esiste tuttora persino un veicolo ad una sola ruota, inoltre ancora prima della rivoluzione francese un certo monsieur de Sivrac aveva offerto all'ammirazione dell'aristocrazia di corte, nel giardino delle Tuilleries, il suo «celerifero», mentre nel 1784 il meccanico Ignaz Trexier di Graz aveva progettato e costruite una macchina simile.
Nessuno prima di Von Drais però aveva potuto realizzare un veicolo che poteva essere guidato e raggiungere anche la velocità di 16 km orari.
Si trattava, sostanzialmente di un biciclo: l'uomo si sedeva a cavalcioni su una sella rudimentale e spingeva il veicolo, fino a raggiungere la massima velocità possibile, appoggiando alternativamente a terra ora l'uno ora l'altro piede e facendovi leva. Von Drais battezzò la propria invenzione «velocipede», ma i suo contemporanei preferirono chiamarla «draissienne» dal suo nome.
Von Drais riuscì a recarsi da Echwetzingen a Mannheim cavalcando la propria macchina: molti increduli dovettero ricredersi. Ben presto l'inventore potè vendere la licenza per la fabbricazione della «draissienne» in Francia, in Inghilterra e persino in America.
Von Drais riuscì a recarsi da Echwetzingen a Mannheim cavalcando la propria macchina: molti increduli dovettero ricredersi. Ben presto l'inventore potè vendere la licenza per la fabbricazione della «draissienne» in Francia, in Inghilterra e persino in America.
Nel 1819 le poste inglesi e francesi ne dotarono i propri portalettere. Anche le fabbriche di calzature si compiacquero della sempre crescente diffusione del velocipede, poiché chi lo usava consumava più del normale le scarpe, e ne vennero fabbricate di speciali con la suola metallica. In Inghilterra la «draissienne» si impose con la voga di una nuova e sorsero dovunque scuole nelle quali si insegnava l'uso delle «holly-horses».
Il costruttore britannico Knight vi apportò qualche miglioramento. Il veicolo però costava ancora troppo per poter diventare popolare, mancando la possibilità di fabbricarlo in serie: 500 franchi.
Fu l'apprendista fabbro Ernest Michaux di Bar-le-Duc che per primo operò la trasformazione della «draissienne» in qualcosa di più somigliante ad una bicicletta moderna. Ciò accadde nel 1855: a Michaux fu affidato un velocipede per una riparazione alla ruota anteriore ed egli ebbe l'idea di applicare a questa un pedale, sicché il veicolo potesse muoversi traendone impulso ed il guidatore potesse stare seduto in sella come su un cavallo. La nuova macchina fu presentata nel 1867 all'esposizione mondiale e ben presto si diffuse ovunque.
Nel 1868 al Bois de Boulogne di Parigi ebbe luogo la prima corsa velocipedistica del mondo e tutti i concorrenti naturalmente sfoggiarono gli ultimi modelli della «michauline». Il via fu dato dal segretario dello scrittore Emilio Zola, Richard Lesclide e la gara fu vinta dall'inglese James Moore, che percorse 126 km. in 10 ore e 40'.
Il governo francese programmò di impiegare la «michaulines» nel proprio esercito per il servizio di porta-ordini ma la guerra scatenata dai tedeschi nel 1870 fece tramontare per sempre il progetto.
L'industria inglese fu ben presto in grado di superare quella francese nella costruzione dei nuovi veicoli, soppiantandola e raccogliendone l'eredità. I costruttori britannici impiegarono tubi di acciaio leggero, ottenendo così macchine meno pesanti e più resistenti di quelle di ferro massiccio con ruote in legno fabbricate sino allora.
Gradatamente e costantemente apportarono al biciclo nuovi miglioramenti, prima adottando nel 1877 — in un modello che fu battezzato «canguro» — la trasmissione a catena, poi sostituendo le ruote alte con quelle basse, applicando la moltiplica e — dopo l'invenzione di Dunlop — i pneumatici.
Anche in seguito i miglioramenti furono continui e notevoli: cuscinetti a sfere, freni, metalli leggeri fabbricazione in serie e mille altre innovazioni fecero la bicicletta quale è oggi. Certo il barone Von Drais non immaginava che la sua creatura avrebbe compiuto tanta strada ed avrebbe continuato a vivere, a prosperare anche nell'epoca delle motociclette, delle automobili ultraveloci e degli aeroplani a reazione. Né avrebbe potuto prevedere che, diventata un mezzo di competizioni sportive, intorno a lei e nel nome di Bartali, di Coppi, di Kubler o Koblet sarebbero avvampali gli incendi delle passioni popolari.
Baron Carl Friedrich Ludwig Christian Von Drais was born in Karlsruke, Germany, on 24 April 1785 and died there on 12 December 1851.
Mechanics was always his greatest passion. He invented and built, among other things, an excavator, a typewriter and a reflector. Then he wanted to devote his every study and every activity to the creation of a vehicle that could move only for the energy impressed by the driver himself. At first he attempted with a kind of four-wheeled carriage, which he himself had also presented in 1815 to the historic congress in Vienna, but the idea was soon dismissed by the excessive weight of the car.
Von Drais thought of using two wheels alone. It was not a completely new idea. As usual, it had precedents in the ancient China, where there was still and still exists a single-wheeled vehicle, also before the French revolution a certain monsieur de Sivrac had offered admiration of the court aristocracy, in the garden of the Tuilleries , its «celerifero», while in 1784 the mechanic Ignaz Trexier of Graz had designed and built a similar machine.
No one before Von Drais, however, had been able to build a vehicle that could be driven and even reach the speed of 16 km per hour.
It was basically a bicycle: the man sat astride a rudimentary saddle and pushed the vehicle until it reached the maximum possible speed, alternately leaning on the ground now one hour and the other foot and making a lever. Von Drais called his invention "velocipede", but his contemporaries preferred to call it "draissienne" from his name.
Von Drais managed to go from Echwetzingen to Mannheim riding his car: many incredulous had to change his mind. Soon the inventor was able to sell the license to make the "draissienne" in France, England and even in America.
In 1819 the English and French post offices endowed their postmen. Footwear factories are also pleased with the ever-increasing popularity of the velocipede, since the wearer consumed shoes more than normal, and they were made of special ones with a metal sole. In England the "draissienne" was imposed with the vogue of a new and everywhere arose schools in which the use of the "wild-horses" was taught.
The British manufacturer Knight made some improvements to it. The vehicle, however, still cost too much to become popular, missing the possibility of making it in series: 500 francs.
It was the apprentice blacksmith Ernest Michaux of Bar-le-Duc who first worked on the transformation of the "draissienne" into something more like a modern bicycle. This happened in 1855: Michaux was entrusted with a velocipede for a repair to the front wheel and he had the idea to apply a pedal to this, so that the vehicle could move and get the impulse of the driver could sit in the saddle on a horse. The new machine was presented in 1867 at the world exhibition and soon spread everywhere.
In 1868 at the Bois de Boulogne in Paris took place the first velocipedistic race in the world and all the competitors naturally showed off the latest models of the «michauline». The route was given by the writer's secretary Emilio Zola, Richard Lesclide and the race was won by Englishman James Moore, who traveled 126 km. in 10 hours and 40 '.
The French government planned to use the "michaulines" in its army for the order-carrying service, but the war unleashed by the Germans in 1870 set the project forever.
The English industry was soon able to overcome the French one in the construction of new vehicles, supplanting it and collecting its legacy. The British manufacturers used light steel tubes, thus obtaining less heavy and more resistant machines than solid iron ones with wooden wheels manufactured until then.
Gradually and constantly they brought new improvements to the bicycle, first adopting in 1877 - in a model that was called "kangaroo" - the chain transmission, then replacing the high wheels with the low ones, applying the multiply and - after the invention of Dunlop - the tires.
Even later, the improvements were continuous and noteworthy: ball bearings, brakes, light metal production in series and a thousand other innovations made the bicycle which it is today. Certainly the baron Von Drais did not imagine that his creature would have come a long way and would have continued to live, to thrive even in the era of motorcycles, ultra-fast cars and jet airplanes. Nor could he have foreseen that, having become a means of sporting competitions, around him and in the name of Bartali, Coppi, Kubler, or Koblet, the fires of popular passions would flare up.
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